Ud 1.5 La classificazione e l’etichettatura del vino

Conoscenze: Acquisire la normativa sulla classificazione e l’etichettatura del vino
 
Abilità: Saper spiegare al cliente gli acronimi ed il loro significato utilizzati per classificare i vini e le informazioni riportate in etichetta
 
La normativa italiana

In Italia la prima legge per la promozione di una produzione vitivinicola di qualità è stata la legge 116/1963 (Delega al Governo ad emanare norme per la tutela delle denominazioni di origine dei mosti e dei vini)

Successivamente è stata emanata la legge 164/1992 (Nuova disciplina delle denominazioni di origine), che permette una migliore selezione basata sulla qualità, grazie a una distinzione che consente di individuare anche il singolo vigneto, e stabilisce le classificazioni della DOC (cioè il nome geografico di una zona particolarmente vocata) e della IGT (cioè il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva).

 

Le denominazioni di origine

Le produzioni vitivinicole sono di seguito classificate:

  • VDT (vini da tavola): vini che non devono rispettare particolari disciplinari di produzione, prodotti con uve autorizzate. Sull’etichetta riportano la dicitura “vino da tavola”, il nome dell’imbottigliatore e il colore ( bianco, rosato o rosso);

 

  • vini IGT (indicazione geografica tipica): il disciplinare prevede l’indicazione della zona di produzione e la possibilità di indicare il nome del vitigno utilizzato; stabilisce la resa di uva per ettaro, la resa uva/vino, la gradazione alcolica minima del vino;

 

  • vini DOC (denominazione di origine controllata):
  • il disciplinare stabilisce la zona di produzione,
  • delimita il territorio di produzione,
  • stabilisce la resa massima di uva per ettaro e la resa uva da vino,
  • il titolo alcolometrico minimo,
  • l’eventuale periodo minimo di invecchiamento,
  • le tecniche di coltivazione e di produzione,
  • le modalità per eseguire l’esame chimico ed organolettico, al quale il vino deve essere sottoposto prima della commercializzazione,
  • a questi vini viene anche possibile indicare le sottozone di produzione (comune, frazione, fattoria, podere, vigna);

 

  • vini DOCG (denominazione di origine controllata e garantita): sono evoluzioni nel tempo delle DOC, con disciplinari più rigorosi e migliori caratteristiche qualitative. La DOCG viene attribuita solo a vini di particolare pregio che sono classificati come DOC da almeno 5 anni. Anche per le DOCG è consentito indicare le sottozone di produzione (comune, frazione, fattoria, podere, vigna); ovviamente regole più restrittive stabiliscono rese quantitative per ettaro e per pianta più basse, resa massima uva/vino nonché caratteristiche chimico -fisiche ed organolettiche del vino più elevate, a tutto vantaggio della qualità. Per il riconoscimento delle DOC e DOCG, i vini devono essere costantemente controllati e sottoposti ad esame chimico -fisici ed organolettici, mentre i soli vini DOCG passano un secondo esame prima dell’imbottigliamento.

 

Normativa nazionale e comunitaria

Il settore vitivinicolo è regolamentato da una complessa legislazione che racchiude sia disposizioni dell’UE, valide in tutti i paesi membri, sia norme nazionali emanate dai singoli paesi, che completano tale ordinamento.

Il Regolamento (CE) 491/2009 ha introdotto per il vino prodotto nella Unione europea una classificazione che individua due categorie:

  • il vino senza denominazione di origine, ossia il vino generico e il vino con indicazione di vitigno e dell’annata (VDT);
  • il vino con denominazione di origine, cioè il vino DOP e il vino IGP.

 

L’Italia ha dato attuazione alle normative comunitarie con il decreto legislativo 61/2010 che ha introdotto anche nel settore vinicolo i riconoscimenti DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta), già utilizzati per i prodotti agricoli. I vini DOP sono vini le cui qualità e caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente al particolare ambiente geografico e ai fattori naturali e umani della zona di origine. Per il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta pertanto si richiede che:

  • le uve da cui viene sono ottenuti provengono esclusivamente da una determinata zona geografica.
  • tutto il ciclo di produzione si svolga nella medesima zona geografica.

Possono invece ottenere la IGP quei vini che possiedono qualità, notorietà o altre specifiche caratteristiche attribuibile alla zona geografica di origine. Per il riconoscimento della Indicazione Geografica Protetta si richiede quindi che:

  • le uve da cui i vini sono ottenuti provengano per almeno il 85% esclusivamente da una determinata zona geografica;
  • la loro produzione avvenga nella medesima zona geografica.

 

Altre sigle

Le menzioni DOC e DOCG possono essere ulteriormente completate da altre indicazioni: la sottozona, il comune, la frazione, la fattoria, il vigneto di provenienza.

L’etichetta dei vini DOC può riportare le seguenti menzioni:

  • VQPRD: vino di qualità prodotto in una regione determinata;
  • VSQPRD: vino spumante di qualità prodotto in una regione terminata;
  • VLQPRD: vino liquoroso di qualità prodotto in una regione determinata:
  • VFQPRD: vino frizzante di qualità prodotto in una regione determinata.

 

Specificazione particolari

Sono indicazioni utilizzate dai vari disciplinari per indicare i vini con caratteristiche differenti rispetto ad altri della stessa tipologia:

  • classico: indicazione riservata ai vini provenienti dalla zona di produzione più antica di una determinata tipologia di vino (es. Chianti e Chianti Classico);
  • riserva: indicazione utilizzata per i vini che sono stati sottoposti ad un invecchiamento maggiore rispetto alla stessa produzione (solitamente 2 anni);
  • superiore: indicazione utilizzata per vini che hanno un titolo alcolometrico maggiore.

 

L’etichetta

L’etichetta del vino è il biglietto da visita con il quale il produttore si presenta al consumatore e può essere paragonata ad una carta d’identità, poiché su di essa sono riportati i dati identificativi che qualificano e caratterizzano un determinato vino.

Oltre all’etichetta, sulla bottiglia può essere applicata la contro-etichetta, che riporta ulteriori informazioni utili a distinguere una tipologia di vino da un’altra. Delle informazioni che vengono riportate in etichetta, alcune sono obbligatorie, altre facoltative.

 

Informazioni obbligatorie per tutti i vini

  • Indicazione della categoria assegnata da disciplinare: VDT, IGT, DOC, DOCG;
  • lotto di confezionamento;
  • titolo alcolometrico effettivo espresso in percentuale;
  • dati del produttore: nome, ragione sociale e sede;
  • eventuale vinificazione in uno Stato diverso rispetto a quello di produzione delle uve, e in tal caso bisogna indicare in quale paese è stato ottenuto;
  • lettera e ad indicare che l’imballaggio è conforme alle norme UE;
  • quantità di vino contenuto nella bottiglia;
  • gassificazione, se è stata effettuata;
  • eventuale presenza di solfiti (obbligo introdotto dal 2006).

 

Informazioni obbligatorie per i vini IGT

  • tutte le indicazioni già menzionate;
  • sigla IGT con indicazione dell’area geografica di provenienza delle uve. È consentito sostituire la menzione IGT con Vin de Pays per i vini prodotti in Valle d’Aosta e con Landwein per i vini prodotti in Alto Adige.

 

Informazioni obbligatorie per i vini DOC e DOCG                                             

Tutte quelle previste per i vini IGT;

una delle indicazioni previste a livello europeo:

  • VQPRD- vino di qualità prodotto in regione determinata
  • VLQPRD- vino liquoroso di qualità prodotto in regione determinata
  • VSQPRD- vino spumante di qualità prodotto in regione determinata
  • VFQPRD- vino frizzante di qualità prodotto in regione determinata;
  • o una di quelle previste dai disciplinari DOC o DOCG con indicazione della zona di produzione.
  • In Italia queste menzioni possono essere sostituite da Franciacorta, Marsala o Asti, data la notorietà di questi prodotti; per i vini DOCG indicazione dell’annata.

 

Informazioni facoltative

Ogni produttore decide autonomamente quali sono le menzioni da aggiungere, Ovviamente più il prodotto è di qualità, maggiori saranno le informazioni date per qualificare e distinguere un vino rispetto ad un altro.

Si possono aggiungere: il nome del vitigno, l’annata di raccolta, il metodo di elaborazione del vino (es. passito, vinsanto ecc.), il colore, menzioni particolari previste dal disciplinare (es. Amarone, Brunello, ecc.), l’indicazione vino novello o metodo classico per gli spumanti, il nome della sottozona oltre che della zona di produzione di una DOC o DOCG ecc.

Vero o falso

La prima legge italiana in fatto di produzione vitivinicola di qualità è stata la 164/1992
V F
La legge 164/1992 ha stabilito anche le classificazioni DOC e IGT
V F
La normativa italiana classifica le seguenti denominazioni: VDT, IGT, DOC, DOCG
V F
La sigla DOCG significa Denominazione Ordinaria Comunale e Garantita
V F
Nell’Unione europea il regolamento (CE) 491/2009 individua una classificazione con due categorie: DOP e IGP
V F
Per il riconoscimento della DOP le uve da cui i vini sono ottenuti devono provenire per almeno il 85% da una determinata zona geografica
V F
La menzione “classico” è riservata ad alcuni vini più invecchiati
V F
Il lotto di confezionamento è un’informazione facoltativa in etichetta
V F
Per i vini DOCG è obbligatoria l’indicazione dell’annata
V F
La sigla VFQPRD significa Vino Famoso di Qualità Prodotto in Regione Determinata
V F

Domande a risposta multipla

La legge 116/1963 è stata la prima a stabilire:
La promozione di una produzione vitivinicola di qualità
La classificazione della IGT e della DOC
La classificazione in IGP e DOP

Nella classificazione dei vini DOP possiamo inserire:
I vini IGT, DOC e DOCG
Tutti i vini di qualità superiore
I vini DOC e DOCG

Ud 1.4 Pratiche di cantina, correzione e stabilizzazione del vino

Conoscenze: Acquisire le conoscenze relative alle pratiche che consentono la salubrità e la stabilità del vino nel tempo

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Abilità: Saper descrivere, con la terminologia adeguata, le pratiche che consentono di stabilizzare il vino nel tempo

 

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Ud 1.3 Altre tecniche di vinificazione

Conoscenze: Conoscere tutte le altre tecniche di fermentazione che consentono di produrre i vini speciali

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Abilità: Acquisire le competenze che consentono di descrivere le tecniche di fermentazione che consentono di ottenere i vini speciali

 

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La decorazione della tavola e gli allestimenti

  • Decorazione classica o innovativa? Un percorso attraverso diverse forme di decori

 

Decorare la tavola e l’ambiente in cui vengono serviti i cibi è sempre stato considerato una delle questioni fondamentali della ristorazione, alla pari dell’apparecchiatura e del cibo servito. Il primo passo verso la creazione di un ambiente gradevole nel quale ospitare la clientela è quello della scelta del tovagliato , della posateria, della cristalleria e delle stoviglie. Essi, pur non rappresentando veri e propri decori, contribuiscono a creare un ambiente caldo ed accogliente. La gradevolezza dei colori e la consistenza delle stoffe del tovagliato, l’armonia delle linee di design  delle attrezzature determinano la base di partenza sui quali progettare e realizzare le decorazioni. In molti ristoranti si usa decorare la tavola partendo già dai tovaglioli. Molte sono le figure che si possono realizzare con essi, ma nell’alta ristorazione si consiglia sempre di maneggiarli il meno possibile e di disporli a tavola così come arrivano dalla lavanderia. Se non si utilizzano piatti segnaposto, posate, cristalleria e stoviglie di design diventa quasi obbligatorio creare delle forme con i tovaglioli per abbellire lo scorcio della sala ristorante. Al contrario, si possono adottare varie soluzioni per rendere gradevole il soggiorno della clientela in una sala ristorante.

I decori partono dalla più generica scelta dei quadri, dei tendaggi e degli arredi, fino alla dislocazione di eventuali piante e fiori nei vari punti della sala e la sistemazione di fiori o di oggetti sulla tavola.

In relazione al tipo di locale, i quadri possono essere più o meno importanti. E’ indubbio che la tipologia e lo stile viene scelto sulla base dei gusti del gestore ma essi devono rispecchiare l’ambiente (classico, moderno, trendy, ecc.) che si vuole ricreare. Di conseguenza anche le stoffe e i colori  dei tendaggi saranno appropriati al contesto. Gli arredi possono essere classici o moderni e i tavoli, che nella ristorazione classica non rappresentano un elemento di arredo in quanto vengono completamente vestiti dalle tovaglie, lo diventano nella ristorazione moderna dove a farla da padrona sono le tovagliette all’americana o le traverse.

Dislocare delle piante verdi o dei fiori in alcuni punti della sala, contribuisce a creare un ambiente accogliente.

L’aspetto determinante però, è la scelta dei decori per la tavola. Il più classico dei decori è rappresentato dalle composizioni di fiori. Oltre all’aspetto esteriore, essi non devono essere molto profumati. Potrebbero non essere tollerati dalla clientela o coprire il profumo del cibo. Esiste un linguaggio dei fiori che è sempre bene conoscere per evitare di utilizzare composizioni non adatte alle diverse occasioni ma basta mettere al corrente il fioraio sul tipo di evento che si stà realizzando.

Sulla base delle diverse festività o ricorrenze dell’anno si possono progettare decori appropriati. Così a Pasqua, a Natale o per carnevale, ecc. si possono realizzare decori che ben si accordano con la ricorrenza.

In ogni caso, la fantasia, il buon gusto e la misura sono comunque doti necessarie per realizzare tantissimi decori diversi che possono allietare la vista del cliente e consentirgli di trascorrere in modo piacevole la sua permanenza nel nostro locale.

 

  • Come muoversi nella realizzazione delle decorazioni e degli allestimenti

 

Le decorazioni e gli allestimenti relativi ad un qualsiasi evento possono essere realizzati direttamente utilizzando il personale a disposizione o ricorrere a quello esperto reperito all’esterno dell’azienda. Questo dipende da molti fattori. In primis dalla disponibilità in azienda di personale fantasioso e tecnicamente preparato, in secondo luogo dall’importanza dell’evento da realizzare e dall’impegno tecnico (materiale ed attrezzature) necessario.

La prima fase è quella decisionale. Nella misura in cui ci viene richiesto o si propone al cliente un determinato allestimento o decoro, bisogna essere sicuri di poterlo realizzare. E’ assolutamente dequalificante dover richiamare un cliente per informarlo che non possiamo realizzare quanto concordato o peggio ancora non realizzarlo per il suo arrivo.

Una volta deciso, ci si organizza per realizzare quanto programmato. Se le risorse professionali sono presenti all’interno dell’azienda ci si riunisce per stabilire eventuali acquisti di materiale e per realizzare un progetto dettagliato, stabilendo anche i tempi per la relativa realizzazione.

Se al contrario, l’allestimento viene commissionata ad una ditta esterna è necessario invitarla a presentare un progetto dettagliato comprensivi dei tempi di realizzazione ed il relativo preventivo. Una volta stabilito la congruità e la fattibilità del progetto, si fissa un incontro con il rappresentante della ditta al fine di stilare un dettagliato contratto compreso di eventuali penali a fronte di mancata o parziale realizzazione del lavoro stabilito. In ogni caso è consigliabile rivolgersi a ditte o persone affidabili e che sicuramente realizzeranno quanto concordato in quanto, anche se sul piano finanziario si è del tutto cautelati, per il mancato servizio verso il cliente ne risponde direttamente l’azienda ristorativa.

La tipologia e la varietà degli allestimenti dipendono dal tipo di evento che si vuole realizzare, dall’effetto sorpresa che si vuole suscitare nella clientela, tenendo conto della stagione, degli spazi disponibili (interno/esterno) e dal numero delle persone previste.

A seconda delle occasioni (matrimonio, festa di laurea, addio al celibato, serata a tema, ecc.) si prevedono allestimenti specifici. Si possono ricostruire scenari di epoche passate, set di film famosi, contesti geografici diversi (tropicali, continentali, polari, ecc.), località differenti ( paesi medievali, città metropolitane, villaggi rurali, ecc.) il tutto supportato dalle adeguate decorazioni.

Ogni allestimento dovrà accordarsi con il menù proposto. A tale proposito è bene tener conto che talvolta occorre mediare nella proposta di particolari cibi. Se alcune preparazioni sono molto differenti dalla cultura alimentare della clientela prevista, è necessario trovare il giusto compromesso tra la realizzazione dell’evento e la scelta dei piatti.

Un dettaglio non trascurabile per rendere ancor più veritiero l’evento è l’abbigliamento del personale e la cura di tutti i dettagli relativi all’ambientazione. In relazione al tipo di evento organizzato, si dovrà adeguare tutto il contesto scenografico affinchè esso risulti un’occasione unica e memorabile.

La gastronomia italiana: Un’occasione per fare turismo

Le forme turistiche sono soggette a mutamenti nel corso del tempo e le ragioni per cui ci si muove sono sempre più diversificate.

Negli ultimi decenni, complice anche una mutata condizione economica, molte più persone si spostano in vista di visitare le diverse località italiane in occasione di sagre, degustazioni ed eventi enogastronomici.
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L’Italia e il suo patrimonio gastronomico

L’Italia possiede uno tra i più ricchi e variegati patrimoni gastronomici del pianeta. Esso è sicuramente legato alla sua posizione geografica, le condizioni climatiche e naturalmente alla sua storia.

Basta girare per le diverse regioni e visitando città, borghi e paesi si possono assaggiare preparazioni e prodotti alimentari realizzati con sapienza, ingegno e fantasia, realizzati con prodotti locali, talvolta miscelati con spezie ed aromi provenienti da terre lontane, portate in Italia durante l’Impero Romano, da esploratori come Marco Polo e Cristoforo Colombo o dai commerci delle Repubbliche Marinare.

La sua posizione geografica ed il clima temperato hanno determinato lo sviluppo di colture diversificate che si avvicendano durante l’arco dell’anno e con il mutare delle stagioni.

Cereali, frutta, verdure, ortaggi, legumi, ecc. sono disponibili su tutto il territorio italiano ed il microclima delle diverse zone rendono i sapori ed i profumi di uno stesso prodotto molto diversi tra loro. L’allevamento del bestiame è molto diversificato per tipologia e razze, si avvale di sistemi differenti  e di una varietà di foraggi che rendono le carni particolarmente pregiate, gustose e profumate. Nel corso dei millenni, nei diversi luoghi d’Italia sono stati ideati sistemi di conservazione degli alimenti che rispecchiavano maggiormente le esigenze locali e questi hanno permesso di ottenere salumi, insaccati, formaggi, conserve, pane, paste alimentari, ecc. dalle varietà infinite. La presenza del mare, che lo circonda per la maggior parte del suo territorio, di laghi e fiumi ha consentito di variare ulteriormente la ricchezza delle preparazioni, attraverso la realizzazione di antipasti, primi piatti e secondi a base di pesci, molluschi e crostacei talvolta sapientemente miscelati con verdure, ortaggi, spezie ed erbe aromatiche presenti spontaneamente sul territorio.

Abbondanti, sono anche i piatti poveri realizzati nell’ambito della cultura contadina. Preparazioni basate sull’utilizzo di prodotti come il pane raffermo, l’acqua, il formaggio, le uova, la cotenna di maiale, il lardo, le verdure di stagione ed i legumi, il tutto profumato con erbe aromatiche e condite con olio di oliva.

Un ulteriore contributo importante allo sviluppo della cultura gastronomica sono state le molteplici popolazioni che hanno abitato e si sono avvicendate sul territorio italiano. La sua conformazione geografica nel bacino del Mediterraneo, ha determinato l’avvicendarsi di culture diverse insediatesi a vario titolo nelle aree geografiche del nord, del centro e del sud dell’Italia.

Millenni di storia hanno portato in Italia, influssi provenienti dall’Oriente, dall’antica Grecia, dalla civiltà Araba, e dall’Europa continentale, determinando differenti tipi di cucina, le cui testimonianze si possono ritrovare nelle diverse regioni d’Italia.

Un crogiolo di razze e tradizioni diverse che hanno determinato la nascita  dell’attuale cucina mediterranea, designata dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità.

 

Cosa si intende per ristorazione di qualità?

Si parla spesso di qualità delle materie prime da utilizzare nella ristorazione, ma qual è il metro di valutazione per determinare un prodotto di qualità?

Quando l’alta cucina italiana si ispirava a quella classica internazionale, le materie prime di qualità erano rappresentate da quelle reperibili sul mercato nazionale ed internazionale ad un costo elevato, come ad esempio il caviale, le aragoste, il salmone affumicato, alcuni tagli di carne pregiata, ecc. Oggi, non è più sufficiente considerarle indiscriminatamente di qualità se non vi si aggiungono alcuni parametri nuovi. Questi riguardano essenzialmente i concetti riassunti dall’organizzazione Slow Food, fondata nel 1986 da Carlo Petrini, in : buoni, sani e sostenibili.

Per buono si intende un prodotto che esprime al massimo le sue caratteristiche organolettiche. Per la frutta e verdura, ad esempio, ciò significa che siano raccolti e consumati in un tempo ragionevole, prima che decadano i rispettivi principi nutritivi. Questo concetto presuppone che le merci viaggino il meno possibile in modo che possano essere raccolte e consumate fresche.

Per le carni, i pesci e loro derivati, significa che la tracciabilità consente di ripercorrere l’intera filiera produttiva. In tempi in cui l’alimentazione degli animali e l’utilizzo di additivi compromettono spesso la qualità dei prodotti, conoscere il produttore ed il processo produttivo è garanzia di qualità.

Per sano, in agricoltura si intende un prodotto ottenuto senza l’utilizzo di concimi di sintesi e pesticidi e nel rispetto degli equilibri naturali, evitando lo sfruttamento massivo del territorio. In zootecnia, si intende un tipo di allevamento allo stato brado dove gli animali possono alimentarsi  con foraggio naturale e senza mangimi di origine animale. L’incremento dei disturbi alimentari relativi alle intolleranze e le allergie, le ultime vicende relative alla peste suina, all’aviaria dei polli ed al morbo della mucca pazza, spinge molte persone a porre una particolare attenzione alla questione del cibo.

Un alimento sostenibile risponde ai requisiti di equità e di ecologia. Nella filiera alimentare, spesso i costi della materie prime sono determinate dalle molteplici intermediazioni. Accorciare la filiera consente un guadagno più equo per il produttore ed un risparmio per il consumatore. In secondo luogo, una minore movimentazione delle merci determina meno inquinamento ed una migliore qualità della vita.

Da ciò si evince che una materia prima che ha in se tutti i requisiti appena descritti, risulta di alto valore qualitativo e risponde ai criteri di equità. L’utilizzo di questa tipologia di merci, consente a qualsiasi azienda ristorativa di ottenere piatti di qualità con il minimo di trasformazione ad un costo che garantisca il giusto rapporto qualità/prezzo.

La gestione del personale attraverso l’espressione dei singoli talenti

Diverse aziende hanno  problemi relativi all’organizzazione e la gestione del personale. Questo, molto spesso, si evidenzia a causa della scarsa conoscenza delle caratteristiche psicologiche e caratteriali delle singole individualità. E’ chiaro che non si può scegliere un capo servizio esclusivamente per le sue qualità umane, ma la totale mancanza di esse costituisce un problema rilevante ai fini della gestione della brigata di sala, specie se questa è costituita da un numero considerevole di componenti.

Ogni individuo ha una sua personalità e la capacità di esprimere un talento specifico. Tale diversità può costituire un problema per un capo servizio che ha l’esigenza di uniformare il gruppo pensando che in questo modo sia più facilmente gestibile. Questa è la prassi più comune che si evidenzia studiando le dinamiche di un gruppo e rappresenta sicuramente la fonte di numerosi disagi ed incomprensioni.

Sacrificando le diverse individualità uniformandole nel loro insieme, si rischia di sminuire molte delle potenzialità che ogni individuo è in grado di apportare all’interno del collettivo, creando disagio ed insofferenza che nel tempo può determinare malumori e relazioni controverse all’interno dell’azienda.

In un gruppo di lavoro ci possono essere individualità più espansive, in grado di relazionarsi facilmente con la clientela. Tali operatori possono essere impiegati nei compiti di accoglienza e gestione della relazione. Se messi in condizione di utilizzare la loro spiccata ed innata cordialità, questi sono in grado di creare subito le giuste condizioni affinchè il cliente si senta a proprio agio. Agli operatori meno estroversi ma ugualmente creativi, si possono assegnare compiti di allestimento e/o decorazioni della sala, a coloro che possiedono eccellente manualità e classe si possono assegnare servizi particolari, riguardanti il trancio e servizio di vivande particolari.

Quanto descritto a titolo di esempio, rappresenta solo alcune delle possibili modalità di organizzare il personale in funzione delle mansioni da assolvere valorizzandone così, le rispettive doti naturali.

E’ evidente che, se tali differenze vengono adeguatamente valorizzate, piuttosto che ostacolate, possono rappresentare un valore aggiunto per l’azienda che ne beneficia in termini di efficienza nella realizzazione del servizio.

A questo proposito, durante la selezione del personale è bene valutare quale tipo di impiego può assolvere la persona che si ha davanti, in modo da trovargli la collocazione più adatta alle sue qualità. Assegnare ogni componente  della brigata alla realizzazione della mansione specifica, non significa considerare solo le sue competenze tecniche e professionali ma valutare anche gli aspetti della personalità che consentono di collocarlo nella mansione più adeguata al suo innato talento.

 

La comunicazione come strumento di coesione aziendale

Un gruppo non ha un suo carattere specifico ma la sua caratterizzazione le viene conferita dalle singole personalità degli individui che vi partecipano. Migliore è la comunicazione che intercorre tra le singole individualità più coeso è il gruppo. In questa prospettiva va intesa la moderna brigata di sala; un gruppo che pur svolgendo mansioni diverse, è in grado di integrarsi attraverso un obiettivo comune: quello di rendere un servizio all’altezza delle aspettative del cliente.

Favorire la comunicazione è compito del responsabile dell’azienda, il quale interviene a sostenere il dialogo e sanare eventuali dissidi che possono insorgere all’interno del gruppo.

Il tempo dedito al lavoro copre una buona parte della vita quotidiana di ogni lavoratore e spesso, la stanchezza e le difficoltà relazionali rendono particolarmente tesi i rapporti all’interno del reparto. Se, al contrario, le relazioni che si stabiliscono all’interno del gruppo di lavoro sono buone, ne risulta soddisfacente la permanenza in azienda e le mansioni da svolgere risultano anche meno onerose.

Ma qual è l’atteggiamento migliore ai fini della gestione di un gruppo da parte del maitre?

La brigata di sala è sempre stata concepita come una rigida struttura gerarchica, suddivisa per mansioni e basata rigidamente sul rispetto dei ruoli. Ne è sempre scaturita una gerarchia nella quale il capo assegnava i compiti ed essi dovevano essere portati a termine anche se non condivisi. La conseguenza di questo tipo di organizzazione è che al suo interno si sviluppano, molto spesso, malumori e dissidi con il conseguente riversarsi sulla qualità del servizio.

La gestione autoritaria del gruppo, risponde molto spesso, all’incapacità del suo leader di rimettersi in discussione e il timore di essere messo da parte. Superare tali difficoltà, è il compito di ogni manager aziendale, il quale dovrebbe incoraggiare l’interscambio tra i collaboratori e tra questi ed i rispettivi responsabili dei reparti operativi.

Una leadeship autorevole non ha timore di essere destituito perché è in grado, pur mantenendo il suo ruolo, di dialogare con i propri collaboratori, spiegando le ragioni delle scelte aziendali adottate, ascoltando i punti di vista  dei lavoratori e valutando l’opportunità di integrarli al piano operativo. Il punto non è snaturare l’organigramma aziendale ma favorire il dialogo, ascoltando le esigenze di ognuno utilizzandole per arrivare ad una sorta di equilibrio.

I singoli partecipanti al gruppo, da parte loro, devono cercare di sentirsi parte integrante della struttura aziendale attraverso una collaborazione propositiva che non si limita ad eseguire i compiti assegnati ma proponendo soluzioni che dal loro punto di vista rafforzino il dialogo e la collaborazione tra tutti i lavoratori. Tale coinvolgimento determina entusiasmo nei singoli operatori e a beneficiarne è tutto il comparto operativo. Un gruppo coeso, avrà maggiori probabilità di rendere al meglio nel proprio lavoro assicurando all’azienda stabilità ed efficienza rendendo efficace il piano operativo.